Meno cinque - Racconti Corsari 2014

Ogni volta che partecipo alla premiazione di Racconti Corsari http://www.racconticorsari.it/ succede sempre la stessa cosa: porto con me un foglietto di appunti e immancabilmente dico tutt'altro rispetto a quanto avevo programmato. Mi piace ascoltare, trarre spunto dalle parole di chi mi precede, osservare e sintetizzare i sentimenti che aleggiano tra premiati, giurati e pubblico in sala, rigorosamente non pagante.
"Gli appartenenti alle cosiddette classi liberali tendono a non leggere libri" ricorda Gianluca Favetto. "Sono laureati o comunque di media cultura, hanno disponibilità economica,eppure credono che sia sufficiente informarsi piuttosto che leggere". Incoraggiante per chi si trova un sabato mattina a premiare un concorso letterario. Ma forse lo sforzo da compiere è proprio questo: essere contemporanei, addentro alle cose ma al contempo osservatori, e non farsi stritolare dal vortice dall'attualità.

"Sono stata felicemente sorpresa di scoprire che Racconti Corsari ha una sezione dedicata alla psichiatria" ammette Giorgia Bles Savoia, una delle vincitrici. "L'hanno aggiunta dopo aver visto la giuria" ribatto. Risate. Ma perché c'era qualcuno che annuiva?

"I testi che ho presentato non erano nemmeno revisionati" ammette Nicolina Ros, la vincitrice della sezione poesia"ma mio marito li aveva già spediti e non ho potuto ritoccarli". Qualcuno voleva attribuire seduta stante un premio alla sincerità. Poi ha preso la parola Italo Bellotti, vincitore della sezione Fantasy. "Non credevo che nel mio racconto ci fossero così tante cose importanti" ammette. "Adesso che mi ci fate pensare..." No, due premi speciali sarebbero davvero troppi.

E poi chissà cosa ho detto di così stravolgente parlando del suo racconto, "La premonizione". È che a un tratto il foglio di appunti che avevo di fronte non mi sembrava più così interessante. Perché riprendere la postfazione che avevo scritto e leggerla di fronte al pubblico? Perché non cercare qualcosa di nuovo di cui discutere?

Il protagonista del racconto è vanesio. Ignaro del pericolo costituito da un cinghiale che lo sta per colpire, corre in mezzo a un bosco sicuro che metà dell'umanità lo ammiri e metà lo invidi per la sua forma fisica. Quando è in punto di morte spera di non salvarsi per evitare di cadere vittima della malattia: la corruzione del corpo lo spaventa più della morte. È ripiegato su sé stesso, trae la sua forza dalla sua autoconsiderazione. Il suo peccato è la vanità, molto più evidente di quella che affligge l'umanità che vuole controllare la natura giocando a imitare dio.

Schopenhauer sosteneva che, nonostante i sofismi di Sant'Agostino, la responsabilità del peccato ricade sul Dio, perché è lui ad aver creato tutto e a sapere come andranno a finire le cose. E Italo Bellotti sembra dar ragione al filosofo tedesco quando dice che la malattia è "una cosa di cui Dio avrebbe dovuto vergognarsi".

Saranno queste mie affermazioni ad avergli fatto esclamare "Non credevo che nel mio racconto ci fossero così tante cose importanti"? Il dubbio rimane, soprattutto quello di come si scriva correttamente Schopenhauer. 

Poi tutto si placa, tutto scema, l'ora si fa tarda. Foto di rito e pranzo conviviale, rientro in famiglia, decima edizione archiviata con successo. Ma non prima che qualcuno citi le parole di Franco Basaglia e sussurri "visto da vicino nessuno è normale". Di chi starà mai parlando?

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